sabato 10 ottobre 2009

Un film fondamentale...

Siete persone sensibili al tema delle disabilità?
Volete togliervi delle curiosità... Come vive la sua giornata una persona disabile? Chi gli sta accanto? Quali sensazioni lei vive? Come? Cosa? Perchè? Dove? Con chi?.....


Questo è un modo per farsi cultura personale, permette di conoscere, fare conoscere. Più che 123 pagine di letture sul tema, vi suggerisco la visione di questo film della durata di 123 minuti.

Per darvi modo di conoscere il tema del film e il mio modo di vedere le cose vi propongo una scheda con personale riflessione pedagogica preparata alla luce della visione del film.



Titolo: Lo scafandro e la farfalla
Regia di Julian Schnabel, regista e pittore.
La pellicola uscita nel 2007 è girata interamente in Francia ed il cast è composto da attori francesi, questo per volontà del regista di New York.

Trama: Jean Dominique Bauby a 43 anni muore, ma ciò che sta nel mezzo tra la nata della sua nascita e quella della sua scomparsa è, con un filo d'inchiosto, una vita tutta da scrivere e da conoscere.
Jean-Do oltre ad essere padre di tre figli che la sua compagna gli ha donato è il caporedattore di una nota rivista di moda di fama internazionale. Mentre stava passando del tempo libero con il figlio maggiore è costretto ad accostare l'auto nuova che stava guidando. A causa dell'ictus che lo ha colpito passa circa tre settimane in situazione di coma all'ospedale marittimo di Berck sur mer, al suo risveglio niente è più come prima, o forse no.
I medici riconoscono in Jean-Do i sintomi di una sindrome molto rara: la locked-in, il suo corpo che egli stesso paragona allo scafandro di un palombaro non gli permette di muoversi, di parlare, di alimentarsi normalmente, Jean-Do riesce a comunicare con l'esterno di questo scafandro attraverso il battito della sua palpebra che detta la parola da esprimere. Come una farfalla che con il battito leggero d'ali riesce a volare lontana, così il suo occhio sinistro si apre e si chiude per poter affermare di essere ancora Qualcuno e non solo un “qualcosa”, un corpo apparentemente inerte. Ed è tutto qui ciò che gli rimane? No, la sua memoria è rimasta integra, i suoi ricordi di posti e volti e così pure l'immaginazione e se ciò che risulta evidente è che tutto il suo corpo dorme, lui è più sveglio che mai. “Immaginazione e memoria sono i soli mezzi che ho per evadere dal mio scafandro.” (citazione dal film)
Riesce a mantenere l'accordo preso con una casa editrice per la quale aveva firmato un contratto. Il suo desiderio era quello di prendere come modello la storia de “Il Conte di Montecristo” per proporne una rivisitazione personalizzata ma questo progetto è rimasto in sospeso per poi essere accantonato dalla decisione seguita alla nuova condizione umana in cui Jean-Do si è trovato. Cinque ore di dettatura per scrivere una frase. Tanto vale la fatica per dare vita alla voglia di esprimersi.
Ma Jean-Do non è solo dedito alla stesura del suo libro, mantiene vivi i contatti con il padre novantenne, con la ex-compagna e madre dei suoi figli, con l'attuale compagna, con la rete amicale e con i colleghi di lavoro oltre che con i medici e specialisti della struttura che lo ospita in cura. Tutta la comunicazione avviene mediata dal battito di ciglia di Bauby, un movimento apparentemente insignificante se rapportato alle immense potenzialità d'espressione di una persona normodotata.
Il nove marzo del 1997 Jean Dominique Bauby a 43 anni ha per sempre smesso di battere la palpebra ma la sua farfalla continua a volare, i suoi battiti si trovano tra le pagine del libro, nei frame del film e tra i volti delle persone che grazie alla sua storia stanno imparando a costruirsi una professionalità, in chi continua a perseverare nel svolgere bene il suo lavoro, nei volti di chi deve capacitarsi di quali evenienze si possono incontrare nell'arco di una vita e in coloro che non si arrendono mai, neanche quando tutto sembra finito.

Tema Emergente: la disabilità insorta a causa di un ictus che ha colpito un uomo in età adulta paralizzandolo completamente, facendogli perdere l'uso della parola oltre che l'uso dell'occhio destro e il percorso medico-rieducativo per recuperare le sue autonomie. In questo caso il lavoro specialistico viene orientato al recupero dell'espressione verbale e dell'alimentazione autonoma.
Spaccato sociale: Siamo in Francia a metà degli anni novanta. Il protagonista incontra la disabilità nel culmine della sua realizzazione sociale (belle donne, denaro, auto di lusso e una carriera affermata). La causa è definita col termine medico Sindrome Locked-in rarissima, un ictus che colpisce Jean-Do e lo paralizza lasciando già dalle prime impressioni mediche solo marginali speranze di recupero.

Chi è il disabile? Ha un nome. Jean Dominique Bauby ed ha 43 anni, fa il papà di tre figli, scrive libri, piace stare in compagnia di persone che abbiano la pazienza di attendere una sua risposta a domande precise con cui si possa rispondere con un si (un battito di palpebra) o con un no (due battiti di palpebra per negare). Ama ascoltare la lettura dei suoi romanzi preferiti.
Atteggiamenti verso la persona disabile. Vorrei soffermarmi, prendendoli ad esempio, due opposti atteggiamenti che ritengo estremi l'uno all'altro senza dover fare un elenco di persone e relativi modi di porsi.
Coloro che non conoscono Jean-Do nella sua nuova situazione umana, mi riferisco ai due tecnici della France Telecom che giungono nella sua stanza d'ospedale per l'installazione del telefono vivavoce, non sanno relazionarsi a lui e per questo se ne fanno gioco, convinti che Jean-Do oltre che non parlare, non possa comprendere. Si sbagliano, ma questo forse è l'esempio del pregiudizio e dello stereotipo che i tecnici colgono in Jean-Do stigmatizzandolo implacabilmente (Jean-Do se la rise alle loro battute, questo per fare capire lo spirito humoristico del protagonista). Opposto a questo sguardo che si posa sulla disabilità è lo sguardo dell'ortofonista che con Jean-Do ha scambiato le prime nuove parole. L'ortofonista, una giovane e bella ragazza che ha usato professionalità e sensibilità degni di una persona pronta e corazzata (competenze, modo di essere) a svolgere bene il suo lavoro, è una persona che crede nella sua azione, ma prima di tutto crede nelle possibilità di chi ha di fronte. Essa si dimostra aperta all'accoglienza delle istanze di Jean-Do apparendo molto determinata ad insegnare la tecnica della comunicazione per dettato al battito di palpebra, unico modo per ripristinare il contatto comunicativo con il resto del mondo di Jean-Do.

La relazione del disabile con le altre persone in un'ottica integrativa e d'inclusione: Jean-Do, utilizza questo modo speciale per comunicare, questo è una risorsa e allo stesso tempo un vincolo alla sua autonomia sociale. Riesce a mantenere le relazioni con la sua famiglia, con la fidanzata, con il padre e con la cerchia delle amicizie. Aspetta sempre la visita di qualcuno e, dopo il primo periodo in cui il protagonista oppone il rifiuto di imparare il metodo comunicativo proposto dall'ortofonista, ma prima ancora, una volta interiorizzata e fatta propria la consapevolezza della nuova situazione, Jean-Do libera la voglia di esprimersi scegliendo di scrivere il suo libro, il libro che parla di sè. Dopo aver ridimensionato sé stesso, nel nuovo contesto sociale-ambientale, Bauby porta fuori dallo scafandro del suo corpo il messaggio dei suoi bisogni speciali e ritrova la necessità di relazionarsi. Comunicare con questa modalità diventa relativamente automatico e accessibile alle persone care che giungono a fargli visita. Lo sforzo rieducativo per creare integrazione c'è stato ed ha dato risultato positivo.
Riflessione critica. Niente poteva fermare Jean-Dominique Bauby: successo, carriera affermata, belle donne. Si serviva del corpo per soddisfare i suoi bisogni di affermarsi. Una vita che potrebbe essere presa a modello per gli attuali valori che la società propone anche se, probabilmente, il fatto che il corpo ad un certo punto della propria esistenza, diventi inutilizzabile...
Forse è stata proprio questa sua condizione a farlo diventare davvero un uomo. Lontano dalle necessità effimere del corpo, lontano da una condizione che non conosceva la sofferenza, dal mondo ovattato della moda, insensibile (?) al senso vero della vita. E' stato poi che ha liberato la sua essenza affidandole al battito d'ali di una farfalla.

Consiglierei il film a.. Vorrei poter dire a tutti! Io ho potuto apprezzarne la qualità delle immagini che aderiscono vellutatamente ai sentimenti che stanno raccontando, e poi, le musiche.. Davvero un film completo, che emoziona ma senza volutamente cercare di emozionare. Un film sensibile e rispettoso, che è lontano dal “retorico” e che non prende posizioni su temi quali quelli dell'eutanasia e lascia liberi, com'è giusto che sia, di poter scegliere di costruirsi (o di confermare) un pensiero proprio su questo tema delicato il cui fine ultimo è sempre il bene per gli altri, dell'altro speciale.

Per guardare il trailer cliccate qui http://www.bimfilm.com/trailer.php?file=lo_scafandro_e_la_farfalla.flv&image=scafandro_preview.jpg